Ventuno coltellate inferte dal branco a una donna inerme, in casa sua. Diciotto, diciannove, venti e ventidue gli anni dei presunti assassini. Ventidue, come gli anni ormai trascorsi da quell’omicidio. Per la morte di Maria Armando, l’infermiera uccisa a Praissola di San Bonifacio il 23 febbraio 1994, è già stata condannata due anni fa all’ergastolo Alessandra Cusin. Ora a processo rischiano di andare altre quattro persone: ieri il pubblico ministero Giulia Labia ha infatti chiesto il rinvio a giudizio per le figlie di Maria Armando Katia e Cristina Montanaro, oltre che per la l’allora amica delle giovani Marika Cozzula e per Salvador Versarci, all’epoca dei fatti fidanzato di Cristina.
L’OMICIDIO E IL COLPO DI SCENA. Un cold case, un caso che per anni sembrava chiuso, ma che nel 2011 ha subito un’improvvisa svolta. Accadde quando Franco Mauro, ex fidanzato di Alessandra Cusin, confidò alla polizia quello che la donna gli disse alcuni anni prima, ovvero che aveva ucciso l’infermiera di San Bonifacio. La Cusin, anche dopo la condanna, ha continuato a proclamarsi innocente e nell’aprile dello scorso anno ha spiegato al giudice: «il delitto è stato commesso da Cristina e il fidanzato dell’epoca, e anche da Katia che l’aveva organizzato con loro ed era d’accordo». Sulla Cozzula, tirata in ballo in un primo momento, aveva aggiunto: «Lei non c’entra niente, l’ho messa in mezzo perché quando vivevo con Franco volevo fargli capire che ero in grado di fare ”certe cose”, era stata la moglie di un uomo di indole criminosa. In realtà è una persona buona e mi dispiace averla tirata in mezzo».
LE ACCUSE. Sta di fatto che per tutti e quattro il pm Labia ha chiesto che si vada a processo. Tutti e quattro responsabili della morte di Maria Armando, in concorso con la Cusin. Secondo le accuse, sarebbe Katia Montanaro l’ideatrice dell’omicidio, commesso poi materialmente assieme alla sorella Cristina, a Cusin, Cozzula e Versaci. Quel giorno si sarebbero introdotti in casa della donna, l’avrebbero tramortita con un pugno e poi massacrata con 21 coltellate, inferte da tutti e cinque. Impianto accusatorio che si fonda sul pronunciamento della cassazione di inizio mese e sulle dichiarazioni della Cusin dello scorso aprile, oltre che sulle indagini svolte nel corso degli anni, foto intercettazioni e sequestri. Alla richiesta di rinvio a giudizio si sono associati gli avvocati Tirapelle e Mastropasqua, legali rispettivamente di Cesare e Marcella Armando, che si sono costituiti parte civile.
LA DECISIONE. Chiesto il proscioglimento dagli avvocati degli accusati, Maurizio Corticelli (per la Cozzula), Cesare Dal Maso (per Katia Montanaro), Pia Cirillo (per Salvador Versaci) e Caterina Rossato (per Cristina Montanaro). Quest’ultima ha chiesto una perizia psichiatrica su Alessandra Cusin: ha cambiato troppe volte troppe versioni, e sulla sua attendibilità si gioca molto del destino processuale delle quattro persone accusate. In tribunale ieri si sono presentate le due sorelle Montanaro: Katia a camminare sempre davanti, Cristina defilata dietro di lei. Se dovranno tornare all’ex Mastino, lo deciderà il giudice per le udienze preliminari Guido Taramelli, che si è preso una decina di giorni di tempo per decidere. Serviranno anche a riascoltare i nastri delle intercettazioni, che sono fra gli elementi cardine delle indagini. RI.VER.