L’indagine della Procura di Genova sulla mostra di Palazzo Ducale che ha portato alla scelta di mettere i sigilli a 21 opere delle 70 opere esposte va avanti. E promette sorprese
di Andrea Pasqualetto
Tre esperti d’arte che accusano, due che si difendono. E, in mezzo, le opere attribuite ad Amedeo Modigliani e finite sotto sequestro perché sospettate di falso. L’indagine della Procura di Genova sulla mostra di Palazzo Ducale, chiusa il 16 luglio scorso e funestata dalla clamorosa scelta di mettere i sigilli a 21 delle 70 opere in esposizione, si profila sempre più come un intrigo internazionale. Sotto inchiesta sono finiti Joseph Gutmann, mercante d’arte ungherese e prestatore di 11 dei quadri sequestrati, Massimo Vitta Zelman, presidente della società organizzatrice Mondo Mostre Skira, e Rudy Chiappini, curatore della mostra di Genova.
La relazione
A sostenere l’accusa di falso un paio agguerritissimi esperti dell’opera di Modigliani come il francese Marc Restellini, collaboratore per molti anni dell’Istituto Wildenstein di Parigi e direttore della Pinacoteca della capitale transalpina, e il collezionista e studioso Carlo Pepi, fondatore e già direttore della Casa Natale Amedeo Modigliani e membro degli «Archivi legali Amedeo Modigliani». Con loro, incaricata dagli investigatori del Ministero dei Beni culturali a dare un parere sulle opere sospette, la storica dell’arte Maristella Margozzi che lavora al Mibact. Giudizio decisivo, il suo, quando è stato disposto il sequestro. Spunta il documento finora cardine dell’inchiesta, cioè la relazione Margozzi che raccoglie i pareri del terzetto, dipinto per dipinto. In sintesi, tre sono le opere bollate da tutti come false: la «Cariatide Rossa», che arriva a Genova da un collezionista privato di San Francisco; il «Nudo disteso», prestato da un collezionista svizzero; e il «Ritratto di Maria» di una collezionista privata americana, transitato attraverso Global art exhibitions. «In questi casi la contraffazione è abbastanza evidente — conclude l’esperta —. Le opere sembrano copiate». Per altri tre dipinti, che vengono attribuiti alla collaborazione fra Modigliani e l’amico e pittore Moise Kisling, risulta invece falsa la «firma» dell’artista livornese. «Concordo pienamente con Pepi e Restellini: nessun intervento di Modì». Poi ce ne sono 9 «fortemente dubbie». Fra le «indiziate» pure il «Ritratto di Hanka Sborowska», sottoposto a tutela statale con un vincolo che risale al 1972. «Tuttavia, nutro qualche perplessità anche su questo», sospetta Margozzi. Sui restanti dipinti, i pareri non sono univoci e dunque permangono dei dubbi. Una cosa è però certa: se davvero si tratta di falsi, significa che molte mostre su Modigliani dove erano stati esposti sono da considerarsi truffaldine: Pisa, Torino, Roma, Milano, Venezia, Seul eccetera. Confermando così l’amara conclusione che uno dei più grandi e amati pittori del Novecento è anche il più falsificato. In gioco ci sono valori immensi, che potrebbero lievitare in vista del 2020, centenario della sua morte. Sarà un anno di eventi e denari, ragione per la quale sull’indagine sta gravando una certa tensione. Dietro le quinte, aleggia il fantasma di Christian Gregori Parisot, ex presidente degli Archivi Modigliani, collaboratore della figlia dell’artista Jeanne. Un vecchio «maestro» di Restellini che ha conosciuto nel 2013 l’onta delle manette per una vicenda di falsi. I due, da qualche anno, hanno incrociato le spade.
Confronto in tribunale
«Inizialmente Gutmann si serviva di Parisot per legittimare opere di Modigliani — ha dichiarato Restellini agli inquirenti —. Quando è stato arrestato, Guttmann l’ha rimpiazzato con Rudy Chiappini». Sentito da chi indaga, Chiappini ha respinto le accuse: «Tutti i quadri esposti a Genova sono stati cercati da noi perché ne conoscevamo la storia. Ricordo che Modigliani dipingeva spesso due quadri aventi lo stesso soggetto con particolari dissimili. Non si tratta di falsi, ma di opere distinte». Nel frattempo il procuratore aggiunto Paolo D’Ovidio ha disposto una consulenza incaricando altri tre esperti, che concluderanno il lavoro più avanti. Oggi è previsto un primo confronto davanti al Tribunale del Riesame di Genova, al quale gli avvocati Massimo Boggio e Cesare Dal Maso hanno chiesto il dissequestro della maggior parte delle opere d’arte. L’impressione è che la guerra su Modì sia solo ai primi colpi di cannone.